Settimana Forex 25-29 Luglio : il dollaro prolungherà ancora la sua forza?

By on 25 Luglio 2016 in EUR/GBP, EUR/USD, Forex, GBP/USD, USD/JPY with 0 Comments

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La scorsa settimana il dollaro statunitense ha chiuso le negoziazioni con una posizione di una settimana di deciso rafforzamento, guidato dal riemergere di aspettative positive sul fronte delle politiche monetarie: sempre più osservatori si stanno convincendo, infatti, che la Federal Reserve possa presto riprendere ad alzare i tassi di interesse di riferimento. E seppur non vi è questo convincimento per l’imminente riunione FOMC del 27 luglio, sta crescendo la consapevolezza che questo possa invece accadere in una delle riunioni a disposizione tra il mese di settembre e quello di dicembre, con la probabile eccezione della riunione più a ridosso delle elezioni presidenziali (elemento che già di per sé catalizzerà l’attenzione del mondo, senza bisogno di un ulteriore supporto da parte dei tassi Fed).

Insomma, mentre da una parte il Regno Unito e l’area euro continuano a ragionare sulla dimensione dell’impatto negativo, presente e futuro, di Brexit, l’economia USA sembra rimanere per il momento del tutto immune da ricadute dirette dell’uscita del Regno Unito dall’UE, permettendo alla Fed di concentrarsi soprattutto sugli sviluppi domestici. Il FOMC di mercoledì riteniamo non sia decisivo ma, comunque, sarà importante perché, anche se i tassi di interesse di riferimento resteranno fermi (se non fosse così sarebbe una concreta sorpresa), la Fed esprimerà la nuova valutazione dello scenario domestico alla luce sia dell’ultimo employment report, che ha dissipato i timori scatenati da quello di giugno che era stato molto negativo, sia dell’esito del referendum britannico. L’approccio generale resterà cauto ma probabilmente il giudizio sull’economia domestica sarà migliore rispetto al mese scorso. Il dollaro dovrebbe quindi consolidare, aiutato anche dai dati, soprattutto dal Pil del 2° trimestre (venerdì) atteso in ampia accelerazione rispetto al 1°.

Più ampiamente, gli osservatori stanno ora convergendo nuovamente sulla possibilità di chiudere il 2016 alle prese con uno o due rialzi nei tassi di interesse di riferimento da parte dell’istituto banchiere centrale. La parte più ottimistica sostiene che i rialzi sarebbero duplici (uno a settembre e uno a dicembre), mentre quella probabilmente maggioritaria, sta ora indirizzando le proprie previsioni su un unico rialzo, da fissarsi in una delle ultime sessioni dell’anno. Probabilmente, già con i comunicati a margine del prossimo FOMC, riusciremo a saperne un po’ di più.

Scavalcando l’oceano Atlantico e arrivando sui nostri confini, notiamo come l’euro abbia invece archiviato una settimana negativa, correggendo da un massimo di lunedì scorso a 1,1084 a un minimo di venerdì a 1,0952 EUR/USD. L’area euro è infatti esposta a ricadute negative da Brexit, mentre gli USA ne sono praticamente immuni, come abbiamo avuto modo di riepilogare brevemente nelle righe che precedono. Come era ampiamente prevedibile, la riunione di giovedì scorso della BCE non ha contribuito a fornire nuovi toni allarmistici in merito, ma ha preso atto dell’aggiungersi di un nuovo rischio verso il basso dicendosi pronta a fornire nuovo stimolo se necessario. La moneta unica resta pertanto vulnerabile, con possibilità di vedere messa sotto pressione l’importante supporto a 1,0900 EUR/USD in caso di dati deludenti. Per quanto concerne dunque l’atteggiamento dell’istituto centrale monetario dell’eurozona, è probabile l’allungamento di questa fase attendista “fino a quando sarà possibile” e, probabilmente, fino alla prossima riunione di settembre. In quell’occasione, riteniamo molto probabile che la Bce possa rompere gli indugi e avanzare un nuovo intervento di stimolo monetario: le frecce all’arco dell’Eurotower sono sicuramente inferiori rispetto a quelle che poteva vantare qualche trimestre fa, ma non tutto è perduto per l’incisività (fosse solo, auspicata) delle azioni di Draghi & co.

Attraversando la Manica arriviamo dunque in Gran Bretagna, dove venerdì scorso la sterlina ha corretto ulteriormente nei confronti del dollaro. A penalizzare il corso della valuta britannica sono stati principalmente i brutti dati PMI di luglio, che riflettono appieno l’effetto Brexit. Importanti saranno gli altri dati in uscita in questi giorni, primo fra tutti il Pil del 2° trimestre, atteso in lieve accelerazione nonostante l’incertezza pre-referendum. Entro mercoledì avremo altresì l’opportunità di poter dare uno sguardo alle indagini CBI (rispettivamente settore industriale e distributivo), mentre in chiusura di settimana sarà la volta della pubblicazione dei dati di credito al consumo e di fiducia dei consumatori. Altri dati negativi farebbero mettere sotto pressone la base importante a 1,3000 GBP/USD. La sterlina dovrebbe invece confermarsi ancora relativamente resistente nei confronti dell’euro, moneta che ha – anch’essa – particolari grane da risolvere in questi prossimi giorni.

Concludiamo infine con un breve sguardo sull’altra moneta principale, lo yen, che la scorsa settimana ha subito nuovi passi indietro, passando da 105 a 107 USD/JPY (per poi ritracciare quasi interamente venerdì). Cruciale sarà venerdì la riunione della BoJ dalla quale ci si attende nuovo stimolo monetario: se così fosse, la valuta nipponica dovrebbe subire l’atteso indebolimento nei confronti delle principali controparti.

Fin qui, i riscontri di breve termine. Sul medio termine riteniamo invece di mantenere invariate le previsioni precedentemente esposte. L’euro attraverserà certamente una fase di rinnovata debolezza nei confronti del dollaro, alimentata dalla significativa divergenza delle diverse politiche monetarie poste in essere dalle rispettive Banche centrali. Dunque, è molto probabile che la valuta unica europea possa approfondire la propria permanenza al di sotto di una quota di 1,10 EUR/USD a lungo, puntando probabilmente verso 1,05 quando la divergenza di intenti tra la Banca centrale europea e la Federal Reserve diverrà ancor più formale, in seguito al rialzo dei tassi di interesse di quest’ultima.

In tal senso, gli occhi non potranno che esser puntati ora sul mese di settembre, quando Bce e Fed sono attese da due riunioni che dovrebbero fornire molti più spunti rispetto a quelle di luglio. In mezzo, tuttavia, c’è il mese di agosto: un periodo di ferie per molti italiani, ma non sicuramente un periodo di calma piatta per i mercati finanziari, mai così incerti e timorosi come in questi ultimi tempi. Non rimarrà pertanto che riscontrare l’evoluzione dei dati macro e dei fattori endogeni ed esogeni alle aree di interesse, e scoprire se i supporti per le decisioni di settembre subiranno delle radicali variazioni rispetto a quelli oggi in disponibilità sui mercati globali.

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